Gestione della transizione

Percorsi verso la libertà

Cancello aperto

Da circa 10 anni si discute su come gestire al meglio il reinserimento sociale e lavorativo degli ex detenuti allo scopo di contribuire a ridurre il rischio di recidiva. Questo tipo di accompagnamento delle persone sottoposte a sanzione penale nel loro percorso riabilitativo è conosciuto come «gestione della transizione”. Nei Paesi di lingua tedesca questo termine è stato inizialmente usato in pedagogia per indicare la gestione della fase di passaggio – spesso piena di insidie – dalla vita di studente al mondo del lavoro, caratterizzata dalla necessità di prendere decisioni, costruire una rete di contatti e dare prova di competenze specifiche come la preparazione di una domanda di assunzione (per maggiori informazioni in merito v. Lex et al. 2006).

Il termine «gestione della transizione» si riferisce all’insieme delle misure volte alla risocializzazione duratura delle persone detenute. 

L’idea di fondo, ovvero che un sostegno mirato durante le delicate fasi di transizione sia decisivo, trova applicazione anche nell’ambito dell’esecuzione penale. In tal senso, la gestione della transizione è intesa come un insieme strutturato di misure volte alla risocializzazione duratura delle persone detenute e, di conseguenza, all’abbandono di comportamenti recidivi.

Stabilimento penitenziario di Bellechasse, Sugiez

Spesso le persone private della libertà personale si trovano ad affrontare difficoltà in diversi ambiti della vita e hanno pertanto bisogno di sostegno su più fronti. A ciò si aggiunga che sovente la loro cerchia sociale non offre sufficiente protezione e si caratterizza per situazioni di problematicità (ad es. assenza di un lavoro retribuito, dipendenza da droghe e alcool, debiti, mancanza di un alloggio, conflitti con partner e familiari). Qualora questi aspetti rappresentino fattori di rischio criminogeno, dovranno essere esaminati già durante il periodo di esecuzione della pena. È inoltre fondamentale garantire un sostegno anche – e in particolar modo – dopo il fine pena, allo scopo di prevenire il ripetersi di comportamenti criminosi.


La necessità di offrire un sostegno di questo tipo non è dettata unicamente da ragioni sociali o di umanità, ma anche dalla convinzione che in questo modo è possibile ridurre gli alti tassi di recidiva. Gli studi condotti in Europa mostrano infatti un maggiore rischio di recidiva soprattutto nei mesi immediatamente successivi al fine pena (per i dati relativi alla Germania v. Jehle 2007). Da qui la constatazione che in molti casi la fase di transizione verso la vita in libertà non avvenga come dovrebbe, mettendo a rischio la pubblica sicurezza e portando alla luce l’esigenza di migliorare il lavoro di accompagnamento delle persone sottoposte a sanzione penale.

Sfide

Affinché le delicate fasi di transizione che caratterizzano l’esecuzione di misure privative della libertà si svolgano nel migliore dei modi, è necessario che le persone direttamente coinvolte e le istituzioni collaborino in maniera coordinata. Spesso la realizzazione di validi progetti di collaborazione tra i soggetti pubblici e dell’esecuzione penale viene minata da ostacoli di natura organizzativa, culturale e strutturale (ad es. assenza di competenze e disponibilità alla cooperazione, flusso di informazioni rallentato dalle disposizioni in materia di protezione dei dati).

Spesso il regime aperto non viene concesso nella misura in cui sarebbe auspicabile in vista del fine pena. 

In molti casi, poi, non si fa uso del sistema progressivo nell’esecuzione della pena – necessario per preparare adeguatamente i detenuti alla vita in libertà – in quanto viene associato a prognosi sfavorevoli, ovvero al timore che i condannati possano incorrere in comportamenti criminosi nel momento in cui vengono concessi alleggerimenti dell’esecuzione della pena o allentamenti del regime detentivo. Si noti inoltre che spesso il bisogno di sostegno dei condannati, non di rado associato a notevoli complessità, non riesce a essere soddisfatto appieno a causa dell’assenza di programmi di intervento individualizzati.

La legge prevede misure di accompagnamento per gli ex detenuti solo nei casi di liberazione condizionale associati a interventi di assistenza riabilitativa per tutta la durata del periodo di prova. Negli altri casi (ad es. qualora una pena detentiva venga scontata integralmente) il reingresso in società può rivelarsi difficile in quanto manca appunto un accompagnamento extramurario di carattere sociale e lavorativo.

Spesso i soggetti pubblici non sono in grado di rispondere al bisogno di sostegno delle persone sottoposte a sanzione penale, non di rado associato a notevoli complessità. 

Come precedentemente accennato, le difficoltà si manifestano sovente con particolare veemenza nel momento in cui gli ex detenuti passano dal contesto fortemente regolato e strutturato del carcere alla vita in libertà, nella quale devono assumersi le proprie responsabilità e interagire con le istituzioni e le autorità.

Anche se non può che essere positivo che gli ex detenuti godano dello stesso accesso ai servizi pubblici degli altri cittadini, occorre tuttavia rilevare che spesso i soggetti pubblici non sono in grado di rispondere ai loro bisogni per mancanza di competenze e risorse. Questa situazione può mettere gli ex detenuti in condizioni di forte stress, soprattutto per quanto concerne le questioni di ordine amministrativo.

Strada vuota

Ricerca

La ricerca nell’ambito del trattamento riabilitativo degli autori di reato consente di trarre alcune conclusioni sull’efficacia di una gestione della transizione riuscita. In particolare, gli studi hanno evidenziato una moderata efficacia dei programmi speciali di risocializzazione nel ridurre il rischio di recidiva dopo il fine pena (a questo proposito v. Pruin 2016). I programmi più efficaci sarebbero quelli avviati durante la detenzione e proseguiti dopo la liberazione.

Il coinvolgimento dei diretti interessati è considerato una condizione essenziale per un reinserimento riuscito. 

La gestione della transizione si avvale inoltre delle esperienze maturate nella prevenzione della recidiva basata sui principi di efficacia empirici del risk-need-responsivity model (modello RNR o modello di rischio, bisogno e responsività) di Andrews e Bonta (2010). Il modello RNR consente di orientare gli interventi in funzione del rischio di recidiva e delle problematiche degli autori di reato nonché di mettere l’accento su metodiche cognitivo-comportamentali nell’accompagnamento e nell’inquadramento di questi ultimi prima e dopo il fine pena.

La ricerca sulla desistenza si interessa dunque in primo luogo ai motivi e alle modalità in base ai quali le persone sottoposte a sanzioni penali rinunciano a incorrere in comportamenti criminosi (a questo proposito v. l’analisi della letteratura di Hofinger 2012). In particolare, gli studi evidenziano come a svolgere un ruolo fondamentale nell’assenza di recidiva prima, durante e dopo la liberazione siano: la motivazione intrinseca a cambiare vita, la presenza di una solida struttura sociale nella vita in libertà e una gestione della transizione in grado di rispondere in maniera mirata ai bisogni di sostegno del singolo. Infine, anche il coinvolgimento dei diretti interessati e l’integrazione del loro punto di vista appaiono fondamentali per la riuscita del reingresso in società.

Carcere regionale di Berna

Pratica

La gestione della transizione nell’ambito dell’esecuzione delle sanzioni penali segue approcci diversi in risposta alle distinte realtà regionali e nazionali. I punti focali restano in ogni caso l’attuazione di programmi individualizzati tesi al progressivo reinserimento degli ex detenuti nel mercato del lavoro e nella vita sociale nonché una migliore collaborazione tra i diversi soggetti che partecipano al suddetto processo.

Nel dicembre 2015, in occasione di un proficuo incontro tenutosi a Schwerin presso il Ministero della giustizia del Land Meclemburgo-Pomerania Anteriore, esperti provenienti da Paesi Bassi, Norvegia, Danimarca, Irlanda, Germania e Svizzera hanno presentato 10 esempi di buone pratiche nel settore della gestione della transizione.

Stabilimento penitenziario di Bellechasse, Sugiez

10 Esempi di buone pratiche

Portraits von Fachspezialisten

Community Return Programme, Irlanda

Nel 2008 in Irlanda è nato il Community Return Programme, che dà la possibilità ai detenuti che vi partecipano di ottenere la liberazione anticipata a condizione che svolgano lavori di pubblica utilità. In questo modo il programma intende promuovere, da un lato, il reinserimento strutturato dei detenuti nella vita (lavorativa) in libertà e, dall’altro, consentire loro di riparare i danni causati alla società attraverso il lavoro. Ciò costituisce un risparmio in termini economici sia per gli stabilimenti penitenziari che per la società civile.

Per poter partecipare al programma, i detenuti devono prima presentare una domanda che sarà in seguito esaminata dalla direzione penitenziaria e da un gruppo di esperti nel quadro di una valutazione delle necessità e dei rischi. Qualora l’esame della domanda dia esito positivo, la gestione passa alla squadra del Community Return Programme (formata da rappresentanti dello stabilimento penitenziario e dell’assistenza riabilitativa) in modo da garantire una concertazione ottimale lungo tutto il processo di accompagnamento dei partecipanti al programma.

Oltre a svolgere lavori di pubblica utilità, i partecipanti vengono aiutati in maniera intensiva nel loro percorso, specialmente nella ricerca di una formazione e di un lavoro adeguati. Va inoltre segnalato che una delle principali difficoltà che incontrano è trovare un alloggio stabile. Il programma sottostà a regole ferree: chi si assenta dal lavoro due volte senza giustificazione non può più farne parte.

Dall’introduzione del programma, che si avvale anche di un accompagnamento scientifico, le liberazioni anticipate sono aumentate in maniera significativa. I partecipanti, principalmente autori di reati legati alla droga (40%), risultano essere altamente motivati secondo le analisi degli esperti: dopo 26 mesi dal lancio, l’89% aveva completato il programma con successo o lo stava ancora seguendo.

«L’obiettivo è la risocializzazione dei detenuti, ma anche la riparazione dei danni causati alla società».

Collaborazione con gli enti pubblici, Paesi Bassi

Dal 2005 nei Paesi Bassi tutti i detenuti (indipendentemente dall’inserimento in un programma di assistenza riabilitativa a fine pena) entrano automaticamente a far parte del progetto Nazorg ex-gedetineerden, che prevede un accordo di cooperazione su base contrattuale tra stabilimenti penitenziari e comuni. L’obiettivo principale è l’inquadramento continuativo delle persone private della libertà personale facilitando la trasmissione delle informazioni necessarie.

Nel quadro del progetto, ogni comune nomina una persona di riferimento per l’accompagnamento degli ex detenuti che viene coinvolta precocemente dagli istituti di pena in qualità di responsabile in ambito abitativo, lavorativo, sanitario e amministrativo (ad es. documenti di identità e modulistica). I contatti vengono curati dal Ministero della giustizia, che coordina gli incontri tra i responsabili dei comuni e degli istituti.

Questo modello di collaborazione sistematica tra stabilimenti penitenziari e comuni rende possibile il coinvolgimento e l’impegno attivo di questi ultimi. Nei Paesi Bassi le pene detentive di durata inferiore ai sei mesi sono infatti molto frequenti e il progetto fa sì che i comuni si sentano responsabili dell’erogazione delle prestazioni sociali anche durante i brevi periodi di «assenza» dei residenti.

«Insieme, gli operatori penitenziari e i comuni cercano delle soluzioni ai problemi».

Safety houses, Paesi Bassi

L’idea delle Safety houses è nata nei Paesi Bassi allo scopo di favorire la collaborazione e il coordinamento per i casi particolarmente complessi. Si tratta di 33 centri finanziati dal Ministero della giustizia che possono accogliere anche ex detenuti con particolari necessità di assistenza.

I soggetti responsabili del reinserimento sociale e lavorativo dei residenti delle Safety houses (ad es. polizia, pubblico ministero, assistenza riabilitativa, stabilimenti penitenziari e centri di disintossicazione da droghe) si riuniscono periodicamente per discutere i singoli casi, concertare le misure da intraprendere ed elaborare interventi mirati. A questi incontri possono partecipare anche le persone per le quali il reingresso in società si rivela particolarmente complesso, portando così il loro punto di vista nella discussione.

«Per i casi complessi cerchiamo di considerare diversi punti di vista in modo da offrire la migliore combinazione di interventi».

Collaborazione con gli enti pubblici, Danimarca

In Danimarca già da tempo si è fatta strada la consapevolezza che le autorità e gli organismi dell’esecuzione penale, dell’assistenza riabilitativa e della pubblica amministrazione svolgono un buon lavoro nei rispettivi settori, ma che la collaborazione tra di loro è insufficiente.

Nel 2010 è quindi nato il progetto Køreplan for god losladelse, che introduce un accordo di cooperazione vincolante tra tutti i soggetti coinvolti nel fine pena. In base a questo accordo, un’istituzione continua a essere responsabile per le persone sottoposte a sanzione penale finché l’istituzione seguente non abbia confermato il passaggio delle consegne.

I comuni ricevono assistenza dal Ministero della giustizia tramite una persona responsabile, che si occupa anche di curare i contatti tra gli esperti coinvolti nella risocializzazione degli ex detenuti.

L’esperienza danese ha mostrato che è possibile avviare un’efficace preparazione al fine pena anche in tempi brevi, come nel caso delle pene detentive di breve durata.

«L’idea era raggiungere quanti più gruppi di detenuti possibili, anche coloro che vengono rilasciati direttamente dal tribunale».

Assistenza abitativa, Danimarca

In Danimarca un ruolo essenziale nella gestione del fine pena viene svolto dai cosiddetti «pensionati» (Pension), ovvero delle strutture residenziali temporanee per ex detenuti. Gli esperti hanno rimarcato l’efficacia di questi centri e in particolare del pensionato Skejby, dove gli ex detenuti convivono con persone non condannate (studenti o addirittura familiari, come nel pensionato Engelsburg) ai fini della risocializzazione.

Se è vero che l’accesso a questi centri è riservato a un numero esiguo di ex detenuti per via dei posti limitati, resta comunque una valida forma di accompagnamento per le persone particolarmente bisognose di assistenza.

«I clienti che hanno ritrovato la libertà sono tutti uguali e diventano cittadini ordinari. Ecco perché esiste una stretta cooperazione con i comuni».

Instar, Meclemburgo-Pomerania Anteriore

In Germania, paese a struttura federale che si caratterizza per la compresenza di diversi programmi per la gestione della transizione, va segnalato l’esempio organizzativo del Meclemburgo-Pomerania Anteriore. Il Land ha infatti varato una legge che istituisce un servizio regionale di assistenza mobile agli autori di reato, il quale si occupa del coordinamento tra gli stabilimenti penitenziari e l’assistenza riabilitativa e offre sostegno agli ex detenuti.

La qualità della collaborazione (ad es. le tempistiche del primo contatto o le modalità di trasmissione delle informazioni) viene garantita attraverso norme precise e procedure standardizzate raccolte in un’apposita guida. Lo scambio di informazioni tra gli istituti di pena e l’assistenza riabilitativa è continuo e reciproco: gli istituti informano l’assistenza riabilitativa a fine pena e l’assistenza riabilitativa informa gli istituti qualora ex detenuti di cui si è occupata dovessero diventare recidivi ed essere condannati nuovamente a una pena detentiva.

Affinché le informazioni possano essere trasmesse nel rispetto della normativa in materia di protezione dei dati personali, i detenuti devono autorizzare la deroga al segreto professionale. Al momento della liberazione è inoltre previsto un colloquio in presenza degli operatori penitenziari, dei responsabili dell’assistenza riabilitativa e della persona detenuta.

Infine, grazie al programma Gut begleitet ricevono un sostegno per la gestione dei problemi anche gli ex detenuti che non sono stati affidati all’assistenza riabilitativa (circa la metà del totale).

«I detenuti percepiscono la giustizia come un sistema coerente. Ricevono un sostegno continuo, ma sono anche sottoposti a controlli».

Centro di consulenza del carcere minorile, Berlino

A Berlino i detenuti, sin dal primo giorno di reclusione, vengono affidati a un operatore sociale che li prepara al fine pena offrendo loro anche assistenza pratica (ad es. fornendo raccoglitori in cui conservare tutti i documenti necessari).

Esperienze particolarmente positive sono state raccolte nel centro di consulenza del carcere minorile di Berlino, istituito nell’ottobre 2012.

Il centro mette in relazione i soggetti intramurari ed extramurari coinvolti nella preparazione al fine pena, facendo convergere le competenze specialistiche dei vari consulenti interni ed esterni per una gestione ottimale. Propone inoltre un’offerta di servizi trasparente e affidabile e ne cura l’organizzazione al fine di assicurare l’inquadramento continuo dei detenuti e la pianificazione del reinserimento.

«L’offerta di servizi è trasparente e direttamente accessibile ai ragazzi».

Import model, Norvegia

In Norvegia la collaborazione tra gli stabilimenti penitenziari e i comuni è promossa dal cosiddetto Import model.

Secondo questo modello, le prestazioni sociali, l’assistenza sanitaria e l’assistenza spirituale per i detenuti non vengono generalmente fornite dal carcere, ma «acquistate» all’esterno.

L’obiettivo è una migliore integrazione all’interno degli istituti di pena di professionisti e servizi pubblici, che – e questo è un aspetto fondamentale – operano all’interno di strutture esterne all’istituzione carceraria. Di conseguenza, gli insegnanti che fanno lezione ai detenuti sono parallelamente attivi nelle scuole pubbliche comunali.

Dopo la liberazione, gli ex detenuti passano principalmente sotto la responsabilità dell’assistenza sociale «tradizionale». Questo modello di inquadramento sembra dare buoni risultati soprattutto nei piccoli comuni dove gli abitanti si conoscono tra loro.

«Secondo l’Import model i servizi penitenziari devono svilupparsi in linea con i servizi pubblici».

Gestione integrata, Zurigo

A Zurigo la gestione della transizione rientra nel concetto più ampio di gestione del rischio, diretta e coordinata dall’autorità di esecuzione. Tutti i soggetti coinvolti nell’esecuzione penale si orientano in base al medesimo piano operativo, che abbraccia tutte le fasi esecutive fino all’assistenza riabilitativa. Questa visione condivisa si fonda sull’utilizzo di metodi di lavoro standardizzati, in accordo con i principi di un’esecuzione penale orientata al rischio.

Il suddetto approccio incentrato sul case management è anche alla base della gestione del fine pena: per assicurare una transizione efficace dalla vita detentiva alla vita in libertà gli operatori coinvolgono precocemente i soggetti pubblici (ad es. aiuto sociale, autorità di protezione dei minori e degli adulti, ufficio AI, servizio di collocamento) e garantiscono così una continuità economica e assistenziale agli ex detenuti. Parallelamente viene svolto un lavoro di motivazione (analisi dei problemi e disponibilità al cambiamento) affinché gli ex detenuti abbiano la volontà e siano in grado di assumersi le proprie responsabilità.

Il 1° luglio 2015 sono state introdotte delle disposizioni vincolanti per la preparazione al fine pena. In caso di liberazione condizionale, i preparativi vengono avviati quattro mesi prima della data di liberazione prevista con la designazione dell’operatore responsabile dell’assistenza riabilitativa e l’organizzazione di una prima discussione collettiva sul caso in questione. Due o tre mesi prima della liberazione si tiene un colloquio con la persona detenuta, seguito da un incontro tra quest’ultima e tutti i soggetti coinvolti nel quale vengono discusse le condizioni del periodo di prova e stabilito un primo contatto con l’operatore responsabile dell’assistenza riabilitativa. Un mese prima della liberazione viene comunicata la decisione definitiva per la liberazione condizionale. Nelle settimane restanti la collaborazione tra i diversi operatori si intensifica e viene creata una «rete di sostegno» stabile per la vita «all’esterno». Il giorno della liberazione la gestione della persona detenuta passa all’operatore dell’assistenza riabilitativa.

«Al momento della liberazione i clienti hanno a disposizione una solida rete di sostegno e non vengono lasciati a sé stessi».

Gestione parallela, Zurigo

Allo scopo di garantire un accompagnamento continuativo delle persone che presentano un rischio di recidiva da moderato a elevato per reati violenti e sessuali gravi, gli operatori penitenziari e dell’assistenza riabilitativa lavorano in tandem dal momento dell’ingresso in carcere fino al termine del periodo di prova. Di solito l’assistenza riabilitativa viene direttamente coinvolta nella pianificazione dell’esecuzione delle pene e delle misure a partire dal regime di lavoro esterno.

Analogamente alla gestione integrata sopramenzionata, il passaggio di responsabilità avviene al momento della liberazione condizionale. Lo scambio automatico di informazioni durante i periodi di detenzione e prova e la pianificazione congiunta eseguita precocemente assicurano una trasmissione di conoscenze esaustiva nonché un coordinamento ottimale degli interventi; in questo modo si prevengono i punti ciechi che presentano un elemento di rischio.

«L’assistenza riabilitativa viene coinvolta prima possibile, così che la preparazione al fine pena possa essere gestita in maniera ottimale».

La situazione in Svizzera

L’articolo 75 del Codice penale svizzero (CP) statuisce che «l’esecuzione della pena deve promuovere il comportamento sociale» della persona detenuta e «la sua capacità a vivere esente da pena». Poiché l’assenza di recidiva è spesso ricollegata a una risocializzazione riuscita, il reingresso in società degli autori di reato deve essere preparato accuratamente attraverso una gestione dell’esecuzione della pena finalizzata alla prevenzione. Per preparare gradualmente i detenuti alla vita in libertà evitando situazioni di stress eccessivo e mantenendo integre le possibilità di controllo, la Svizzera ha introdotto un sistema di esecuzione delle sanzioni penali di tipo progressivo.

La base giuridica è costituita dal CP, il quale stabilisce che in caso di liberazione anticipata gli ex detenuti possono essere affidati all’assistenza riabilitativa (art. 376 cpv. 1 e art. 87 cpv. 2 CP). Inoltre, i Cantoni sono tenuti ad assicurare l’assistenza sociale per tutta la durata del procedimento e dell’esecuzione della sanzione penale (art. 96 CP).

Le forme e le modalità di assistenza – e di conseguenza la gestione della transizione – variano fortemente da un Cantone all’altro. A questo proposito, molti operatori rimarcano una chiara necessità di intervento nella preparazione al fine pena orientata ai bisogni nonché nell’integrazione tra i soggetti pubblici e dell’esecuzione penale. Per questo motivo occorrerà in futuro promuovere lo scambio di prassi tra regioni, come pure il perfezionamento di programmi e strutture nel contesto della gestione della transizione.

Stabilimento penitenziario di Bellechasse, Sugiez